Tratto dall'Introduzione della Tesi di Laurea di Giovanni Rossi
discussa il 10 Luglio 2012 presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Firenze
Corso di Laurea Magistrale in Teorie della Comunicazione
Il
Progetto Cinema è un esperimento di Media
Education che ho personalmente curato negli Anni Scolastici intercorsi fra
il 2008 e il 2012 presso quattro Istituti Comprensivi di Scuola Media Inferiore
della città di Arezzo. L'obiettivo prefissato per i percorsi dedicati a ragazzi
dai dodici ai quattordici anni cerca di coniugare l'arte cinematografica con la
didattica quotidiana: si può parlare di Cinema a Scuola e si può anche andare a
Scuola di Cinema, persino quando si è adolescenti.
Questa
Tesi mostra dunque i frutti di un cammino quadriennale professionalmente inteso
come collaborazione a progetto, e l'articolazione dell'elaborato riporta sia le basi teoriche che il feedback formativo dei Laboratori da
parte di docenti e studenti. L'esperienza si ispira ai miei precedenti studi
accademici presso il Corso di Laurea Triennale in Comunicazione Linguistica e
Multimediale della Facoltà di Lettere e Filosofia Filippo Brunelleschi di Firenze, e la formula didattica del
Progetto Cinema cerca di rinnovare le proposte scolastiche già realizzate negli
scorsi decenni presso i medesimi Istituti Comprensivi coinvolti ora nei miei percorsi
laboratoriali.
Ho
sempre creduto nella bontà del Progetto Cinema, e non per meriti miei, perché
ritengo che ci siano persone ben più preparate del sottoscritto per svolgere un
compito così delicato e impegnativo.
Piuttosto,
continuo a crederci perché per primi i ragazzi che incontro in ogni Anno
Scolastico mi dimostrano di avere fiducia in una piccola impresa. Vedo crescere
e maturare quegli studenti nella consapevolezza di poter cambiare il mondo con
la forza delle loro buone intenzioni, e mi lascia sempre interdetto sentir dire
loro quanto sia complicato scegliere in un mondo come questo. Quelle centinaia
di studenti hanno bisogno di ascolto, e nonostante gli onesti propositi dei
loro professori quella richiesta è sempre più difficile da accontentare.
Il
Progetto Cinema ci prova: i film al centro delle discussioni in aula magna non
sono gli stessi che quegli adolescenti vedrebbero in sala, perché qui si cerca
qualcosa in più. Da queste parti conta volerci essere, con tutti i colori della
propria identità.
Non
è sempre facile, anzi. La burocrazia scolastica e i vincoli orari basterebbero
da soli a complicare la situazione, ma in quattro anni ho visto una tale forza
di volontà da parte dei docenti che non posso essere io a gettare la spugna per
clausole o cavilli.
Non
so quanto questo sogno in celluloide potrà durare: vorrei fosse per sempre, ma
ogni contratto a progetto, per quanto sia apprezzato da chi ne vede i frutti, è
provvisorio per sua stessa natura.
Vorrei
poter costruire una famiglia come Curatore del Progetto Cinema, vedere ogni
giorno una classe diversa, esplorare con quegli studenti assonnati o divertiti
le pieghe di concetti scritti con la luce, dare senso alle contraddizioni
quotidiane e viverci come se fosse il giorno migliore in assoluto - almeno prima del giorno che verrà.
È
vero, questa sala non esiste, ma è giusto che sia così, perché questo
cinematografo non può finire vincolato a quattro pareti di una scuola.
Ho
sempre pensato che il Cinema parli della vita, quella vera. Per quanto possa
sembrare assurdo, è da quattro anni che vivo in una famiglia davvero allargata.
Sarà
un vizio da figlio unico, ma trovarsi con centinaia di fratelli e sorelle
preoccupati per il compito in classe o gratificati dai risultati dell'ultimo Quadrimestre
mi fa sentire un uomo migliore.
Questa
Tesi è un omaggio ai mesi passati tra spezzoni di film e commenti inattesi,
biforcazioni in celluloide e sentieri didattici poco battuti.
Questa
Tesi, allora, non è il momento dei rimpianti, ma solo dei bei ricordi.
Perché
persino per questo vale la pena portarsi decine di chili di strumentazioni
sulle spalle, piazzarsi in un'aula magna talvolta poco adatta e aspettare che
qualcuno arrivi per immaginare i mondi possibili del Cinema. Ci credo, e lo
farò sempre.
Anche
quando avrò un bambino che vorrà sapere cosa mai facesse suo padre a scuola con
un proiettore, una manciata di telefilm e un'idea balzana che gli frullava per
la testa fin dai giorni della sua prima Laurea.
In
quel momento, quel padre si renderà conto di non essere stato giovane.
Forse,
era semplicemente più giovane.
E
magari continuerà per la sua strada, con quei ragazzi divenuti uomini e donne
di buona volontà che certe volte si sperticano per salutarlo.
Non
è fama, ci mancherebbe altro. È solo un mondo che si ama anche per questo.
Il
Progetto Cinema, in ogni caso, deve la sua esistenza a molti incroci e ad
altrettante persone che spendono il proprio tempo per la sua causa scolastica.
E a parlar di scuola la lista si farebbe lunga, ma è giusto riconoscere il
pionierismo aretino di chi ha provato in quattro anni a fare un passo in più
per proporre il Progetto Cinema nelle proprie classi.
La mia gratitudine va anzitutto
all'Istituto Comprensivo Francesco Severi:
da lì sono partito, e sono stato accolto come uno studente un po' più grande
degli altri. Qui ho mosso i miei primi passi con il Progetto Cinema, e ricordo
ancora quando frequentavo quegli immensi corridoi per preparare le recite
scolastiche di fine anno alle Elementari. Certe cose forse cambiano, ma lo
sguardo verso il futuro c'è sempre.
All'Istituto Comprensivo Cesalpino devo la dote incommensurabile
di un Cinema che sa di Musica, la stessa che si fa linguaggio universale non
solo nella celluloide, ma soprattutto nell'onestà di legami forti e duraturi.
L'Istituto Comprensivo Margaritone si è poi spinto così oltre
da ingaggiarmi addirittura per un videoprogetto didattico sull'onda del
Centocinquantesimo del Bel Paese: primo premio regionale e tante memorie di
studenti che crescono.
Ultimo ma non ultimo, il Convitto
Nazionale Vittorio Emanuele II non è
soltanto la meta recente del Progetto Cinema, ma un'autentica palestra di
docenti e alunni che amano i giorni che vivono in classe: i loro sguardi dicono
tutto, sempre.
Ai Dirigenti Scolastici di queste
quattro strutture, nelle persone della Dott.ssa Rosella Elena Misuraca, del
Prof. Danilo Brozzi, del Prof. Enrico Mancini e del Prof. Luigi Tagliaferri, a
tutti i Professori e agli operatori di ogni Anno Scolastico va la mia più
sincera riconoscenza per una fede che travalica quotidianamente la tabulazione
degli orari di lezione: senza di loro, e senza i loro studenti, il Progetto
Cinema non potrebbe prendere forma dalla sua sostanza filmica.
Ma
la storia raccontata in queste trecento pagine parte da lontano.
Il suo secondo principio è al Tempo
Estate Eccezionale dell'Azione Cattolica dei Ragazzi: a Gello ho iniziato i
miei primissimi cineforum, e quella grande famiglia
di famiglie fatta di tante vite intrecciate è un colpo d'occhio che non si
dimentica.
In realtà, questa storia inizia con un
uomo: da giovane si trasformava in un improvvisato vigile urbano per gestire il
traffico al passaggio di un carro funebre nel suo quartiere nascente, e più o
meno nello stesso periodo faceva la maschera al cinema parrocchiale. Altri
tempi, si direbbe oggi.
Quell'uomo
è mio nonno Silvano. Dicono ci sia molto di lui in me. E io ci credo.
A mia nonna Olga e alla mia prozia
Miranda guardo con occhi di meraviglia filmica: nemmeno il più straordinario
kolossal cinematografico riuscirebbe a imbastire due storie incredibili come
quelle che vivono al tramonto delle loro età, e nonostante gli imprevisti e le
probabilità di una partita a Monopoli giocata con diverse primavere sulle
spalle sono più inossidabili del loro nipote quasi trentenne.
L'occhio attento alla macchina da presa
che ogni giorno porto in classe è tutto merito di mio padre Paolo: a furia di
lasciare un segno tra matrimoni, cerimonie ed eventi ci basta uno sguardo per
intendersi sulla miglior inquadratura del mondo, e se il mio nome compare tra i
titoli di testa della Video Rossi Cinematografica è per la sua passione a
filmare la vita che scorre.
Buona parte delle gesta in celluloide
narrate in questa Tesi ha una cavia d'eccezione: il ricordo delle centinaia di
serate passate con mia mamma Carla di fronte al tubo catodico domestico non si
può riavvolgere, perché è il distillato di futuro amato per ciò che è
veramente. Anche quando lei si fa piccina
piccina per il sonno serale in poltrona, magari durante un dialogo
telefilmico più lungo del solito.
Ho la grande fortuna di vivere in una
famiglia che sa dare valore alle piccole cose: a mio nonno Elio e a mia nonna
Marisa auguro una media di undicimila giorni da passare tra balere e fornelli,
a mio zio Alfredo una parte memorabile alla Via Crucis del Colosseo, a mia zia
Isolina un tight per una vera star, a mia zia Claudia un cantuccio televisivo a
tema culinario e a mio zio Salvatore la partita del millennio.
Dei miei cugini Alessandro, Daniele,
Alessio e Francesca porto sempre con me il ricordo dei cortometraggi più
assurdi girati nei luoghi più improbabili: Santa Madre di Artemide, per
accettare certi copioni rimaneggiati dal sottoscritto ci vuole una pazienza
divina, e le loro controparti sentimentali non fanno eccezione.
Poi
arriva lei.
Non
è la fine, ma il principio di ogni cosa.
Un
inizio frainteso, dopotutto: basta una mail dopo una festa con i ragazzi e il
mondo parte per la sua immaginifica tangente.
È
lei però che vuole starmi accanto nelle notti trascorse ad alterare centinaia
di migliaia di fotogrammi.
È
lei che cerca sempre di capire quale sia la nostra strada per il domani, e non
sempre ci si può riuscire.
È
lei che mi ama con un amore che io non so ricambiare, se non dedicandole fino
in fondo la meraviglia dei mondi che incrocio ogni giorno.
Lei
si chiama Laura.
Al
mio ventottesimo compleanno avevamo appena iniziato a camminare insieme: erano
passate a malapena due rotazioni terrestri, e ci sembrava l'immensità.
Ci
pareva tutto così incommensurabile: i nostri amici, i nostri affetti, i nostri
sogni e anche le nostre incertezze prendevano la forma che avevamo sempre
desiderato.
Oggi,
guardando avanti in un futuro che vogliamo donarci, sono più che convinto che
l'immenso sia in ogni giorno che passa.
La
bellezza, allora, è tutta lì, nella semplicità di quel che si vive con Amore.
Per qualcuno è follia, ma se anche
per Dario Fo la genialità talvolta è indecifrabile, l'augurio è che ci sia
sempre la bellezza della verità nel miracolo della celluloide:
Questo film lo dedichiamo ai folli.
Agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane,
a tutti coloro che vedono le cose in
modo diverso. Costoro non amano le regole,
specie i regolamenti, e non hanno alcun rispetto per lo status quo.
specie i regolamenti, e non hanno alcun rispetto per lo status quo.
Potete citarli, essere in disaccordo
con loro; potete glorificarli o denigrarli,
ma l’unica cosa che non potrete mai
fare è ignorarli,
perché riescono a cambiare le cose,
perché fanno progredire l’umanità.
E mentre qualcuno potrebbe definirli
folli, noi ne vediamo il genio;
perché solo coloro che sono
abbastanza folli da pensare
di poter cambiare il mondo lo
cambiano davvero.
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